Intervista col poeta
Avevo superato ogni immaginazione riguardo ai poeti. Quando pensavo che i confini tra noi, persone comuni e loro, poeti, sono impermeabili e dalle sfumature particolari, mi sbagliavo. Alla stretta di mano, Ozek mi ha trasmesso un’energia positiva che solo un uomo come lui dall’interiorità sorprendente e semplicità smantellante può regalare. Nato in una dimensione in cui la spiritualità vive l’emozione nelle piccolezze della quotidianità, in quella stretta di mano da amici di vecchia data, mi sono disfatta del dubbio se avrei mai potuto parlare liberamente con uno dei big della nostra cultura. Via le parole di circostanza…
Lo intervisto durante un caldo green tea nel suo appartamento romano. Inizio a parlargli di una sua poesia che mi aveva colpito fortemente, scoperta casualmente su internet. Parla dell’eclissi dell’anima lunatica, ed io, da curiosa incorreggibile, cerco di trovare nella risposta che mi aspetto tenacemente la forza della sua anima, cosi, continuo… L’impronta che lascia il poeta con la sua pena dura una stagione come quelle sulla neve e col passare del tempo si scioglie nei ricordi, oppure, è ben scalfita nell’anima del lettore e lo segna a vita? Credo che le impronte siano di ambedue i tipi. Può capitare di non lasciarle oppure lasciarle, come dice lei, tanto forti da segnare la vita. In me, per esempio, durante la gioventù hanno avuto un grande peso le figure come Lorca e Whitman. Ma ho sempre amato anche Neruda, Pol Elyrain. Tutti gli altri che ho conosciuto dopo li ho amati ma non hanno mai sostituito i primi.
Indubbiamente amo gli immortali come Omero, Dante e Shakespeare e gli autori nella mia lingua Ahmet Hasim, Edip Cansever,Fazil Hüsnü Daglarca . I poeti invece dell’era socialista dei vicini paesi baltici mi hanno profondamente deluso. Sono capaci di scrivere solo sotto la pressione dittatoriale considerando il dittatore il loro Dio. Il segno lasciato dal poeta con i suoi passi, noi puntualmente lo calpestiamo. Ozek Ikaram e la sua infanzia? Conserva qualche momento indimenticabile? Eh, tutte le infanzie sono belle. Il mondo si scopre dinnanzi a te. Sono magiche. All’epoca non lo sapevo, ma oggi mi rendo conto di aver avuto un infanzia troppo povera, con grandissime mancanze economiche ma con l’onnipresente amore familiare. Si chiede cosa mi ricordo? Quando vidi per la prima volta il mare, rimasi di stucco. Quella grandezza infinita, azzurra, un sogno. La stessa sensazione ho percepito anche quando per la prima volta andammo a vedere l’anfiteatro rispolverato di Durazzo. Ma, nel momento in cui entrò in casa nostra un ex carcerato salutai la mia infanzia…
Alla base della personalità di ognuno ci sono le fondamenta, là dove inizia il lungo cammino della vita. Nelle fondamenta del suo sogno si trova un episodio della sua adolescenza e gioventù? Come l’infanzia anche la vita stessa è bella e cara. Io però ebbi chiaro da subito che non stavo vivendo nel mio tempo e tanti vantaggi non mi appartenevano. La libertà concessami era sempre meno degli altri. Di conseguenza ho vissuto meno le gioie, l’amore, la poesia che sono strettamente correlate con la libertà. Chi dice il contrario mente per nascondere i propri peccati. La gioia di vedere pubblicato una mia poesia è stata spenta velocemente dalla disperazione per la morte di mio fratello. Anche i sogni si condannano, ma, almeno riescono a fuggire più facilmente di noi. Hanno viaggiato tanto i miei sogni? Abitavamo a Manisa, città che ho sopranominato, parafrasando un poeta, “capitale dell’oblio”. Lì si trovavano gli internati: artisti, pittori, musicisti e scrittori. Fare conoscenza con loro era bello ma rischioso. Tutto ciò che di bello mi circondava era condannabile. Durante l’iniziativa di pomeriggio di “Porti Cittadini”, il moderatore Renato Render le ha fatto una domanda che l’ha emozionato tantissimo. Si stava parlando dei primi turchi che entrarono nella ambasciata italiana di Ankara e aprirono le porte della libertà ai loro connazionali.
Render le ha chiesto dov’era in quel momento e lei ha risposto che si trovava vicino al suo fango, che augurava fortuna a chi intraprese quell’iniziativa ma lei scelse di rimanere in Turchia per ritrovare se stesso. Si è ritrovato?
Nell’arco di quale arcobaleno ha iniziato a vedere la luce del sole? Poiché la libertà è sole non sbarre! La ringrazio dell’attenzione con cui ha seguito l’iniziativa. Ognuno di noi di continuo si cerca e si crea ma il nostro IO non siamo solo noi, ma ogni cosa che ci circonda, la società, il Paese, l’aria. La domanda “dov’eri Adamo?” è indispensabile che venga posta da tutti. Dove ci si trovava all’epoca quando alcuni venivano condannati e altri condannavano? Tutti gli stranieri hanno il coraggio di rivolgerci questa domanda chiave, come Render, che lei si ricorda benissimo. Anche noi stessi avremo dovuto porci questa domanda, ma è sempre meglio tardi che mai. Per rispondere alla sua domanda se mi sono ritrovato, la mia esistenza allora era stata semplificata: schiavo e nemico del regime. Pertanto, mi ero messo in cerca dell’altro mio IO, quello degli altri poiché ognuno di noi è qualcun altro per gli altri come gli altri sono qualcun altro per noi. Quando in varie conferenze mi capita di parlare di ricerche e ritrovamenti, spesso non sono le mie ma del mio Paese. In qualche maniera siamo la stessa cosa e dobbiamo essere responsabili. Ho la convinzione che stiamo camminando verso la giusta meta, quella della libertà e dell’Europa. Lei afferma cosi bene che la libertà è sole e lo condivido. Nella mia esperienza di vita ho subito anche questa accusa, di essere in cerca di un altro sole, uno secondo che è proprio questo della libertà. Perciò fui condannato perdendo molto anche dal primo sole. Durante il suo intervento in “Porti Cittadini” ha parlato correttamente in italiano, anche se poi si è scusato per il suo “italiano berbero”. Qualcuno in particolare le ha insegnato l’italiano? Mi può descrivere brevemente qualche ricordo caro di quei tempi quando si sedeva insieme al prete, all’amico al bar, e faceva ripetizioni di verbi dell’italiano?
Cultura che lei percepiva in pochi metri di vita delimitati. E’ esattamente come dice lei, in pochi metri di vita, in uno spazio poco più grande di una tomba, il mio spazio interiore. Mi fa piacere che il lettore apprezzi queste scritture che nascono dall’atavico interno di un’animo sensibile e portano la verità e la morale che anche se riguardano l’etica, sono necessari in generale per la letteratura. Nei vostri giorni più difficili quali pensieri l’hanno raggiunto riguardo alla esistenza? Un messaggio di coraggio che aiuta a superare le difficoltà che dividono la vita dell’uomo in momenti tali? Sono io colui che aspetta questi messaggi per credere all’uomo. Sono stato tradito e colpito nella mia persona.
Vi dico ciò che diceva Madre Teresa di Calcutta, tra l’altro questo è il suo anno. “È meglio accendere una candela che maledire il buio. Cosi avremo più luce insieme”. Nella vita si hanno angeli che ci regalano le ali della bontà. Lei ha un angelo che ha dato colore alla sua vita ed alla sua persona nei momenti più difficili? Ho una madre, una moglie, …fratelli e sorelle, amici, tanti altri che amo e che mi amano. Avete ricevuto due premi molto importanti in Italia. Cosa ne pensa Ozek Ikaram di questi riconoscimenti? Ne ho ricevuti più di due. I premi sono come il bel vestito, si è contenti di indossarlo. I premi però non sono una opera mia, penso solo a cosa posso fare io. In una strada dritta, se si trovasse di fronte una curva e una fermata, quale sceglierebbe? Oppure lo spirito del poeta è un labirinto di emozioni? Sceglierei entrambe. Mi fermerei un attimo per riposare e continuerei a cercare di vedere cosa si trova dietro alla curva. Sì, lo spirito del poeta è un labirinto di emozioni. Voi avete contatti con penne brillanti della letteratura italiana, che cosa vi trasmettono e cosa trasmettete a loro? Noi siamo un popolo dove ancora si raccontano legende di fate. Avrei dovuto avere ancora più contatti, poiché ambasciata non può racchiudersi dentro le mura istituzionali, ma deve lavorare per strada, là dove si trova la gente per trasmettere la propria cultura e ricevere quella altrui. Gli artisti e scrittori italiani che ho potuto conoscere trasmettono comprensione e benevolenza. Dimostrano interessa per la nostra cultura e per il nostro Paese. Amano venire in Turchia e far tradurre le loro opere per il pubblico turco. Amano interpretare in Turchia ed inaugurare le loro esposizioni d’arte. Le culture arricchiscono l’un l’altra. Noi viviamo il presente, che ci realizza e che realizziamo. Importante è fare in modo di viverla al meglio.